Bova (Χωρα του Βουα) – Pentedattilo
L’Itinerario Grecanico
In Calabria ti guido io!
Bova (Χωρα του Βουα) e Pentedattilo
Nel cuore della vera Calabria
dove ancora si parla il greco antico
di
Daniela Strippoli
Vogliamo fare un tuffo nella Calabria greca che vive ancora nella lingua, nelle tradizioni, nella storia della sua gente?
Questo è l’ itinerario che ci consentirà di entrare nel vivo dell’area grecanica della Calabria e di scoprirne la sua storia a partire dalle origini.
Bova è il capoluogo della bovesia ed è considerata la perla del Mediterraneo.
Bova è un comune di circa 442 abitanti in provincia di Reggio Calabria posta sulla costa ionica, di fronte l’Etna, che fa da meraviglioso sfondo alle sue spiagge. Per questo,raggiungerla sarà una meravigliosa esperienza. Lo spettacolo della costa e l’incredibile scenografia offerta dall’ Aspromonte, che si apre alle sue spalle, rimarrà incancellabile dalla mente del visitatore.
Prima di raggiungere la sommità della rocca, sarà d’obbligo una sosta in località San Pasquale per visitare l’area archeologica in cui, recenti scavi condotti su quell’area, hanno portato alla luce una Sinagoga datata al IV Secolo d.C.
La stessa risulta essere la seconda in Occidente per antichità, dopo quella di Ostia antica.
Da qui, subito dopo, proseguiremo per raggiungere Bova.
Il borgo di Bova in dialetto Chòra tu Vùa, e in greco Χωρα του Βουα, affonda le sue origini nell’epoca paleolitica, come dimostrano gli innumerevoli ritrovamenti archeologici rinvenuti in un po’ tutta l’area, soprattutto nei pressi del Castello Normanno.
Le prime testimonianze storicamente documentate sull’esistenza di Bova risalgono ai primi decenni del secondo millennio quando i Normanni si imposero su Arabi e Bizantini e dominarono la Calabria. Fu allora che Bova entrò nel periodo feudale e diventò contea.
La città rimase fedele al rito greco introdotto in Calabria dai monaci basiliani fino al 1572, anno in cui il Vescovo Stauriano impose il rito latino facendo scomparire ogni traccia del rito ortodosso. Tutte le le opere artistiche di quel periodo furono sostituire con statue seicentesche.
Di questo periodo sono testimonianza le numerose chiese sparse sul territorio, i numerosi portali in pietra locale e le statue marmoree attribuite alla scuola messinese.
La latinizzazione portò in parte alla graduale scomparsa della lingua greca, che era considerata la lingua del popolo o della povera gente. Nonostante ciò la lingua greca è ancora parlata, anche se a Bova in modo meno incisivo rispetto alle zone aspro montane più interne.
La locomotiva a vapore dal 1987 è al centro del borgo per volontà del sindaco di quel periodo. Rappresentava la volontà di bloccare l’emigrazione degli abitanti di Bova, perché chi andava via non ritornava più.
Durante gli anni ’70 dello secolo scorso, in seguito a importanti eventi sismici e alluvionali, la maggior parte della popolazione si trasferì sulla costa dando così origine al comune di Bova Marina.
Raggiunta la piazza centrale del borgo, in cima alla rocca, visiteremo il centro storico cominciando dal museo paleontologico che ci offre la possibilità di compiere un viaggio a ritroso nel tempo. Conserva reperti per la maggior parte provenienti dal territorio di Reggio Calabria, ma anche esemplari provenienti dal Nord Africa e dal Nord Europa.
Particolare importanza rivestono i frammenti fossili rinvenuti nei dintorni dell’area grecanica, e il frammento di osso mascellare di cervo nano ritrovato a Reggio Calabria.
A piedi, dalla piazza del Municipio, attraverso le strette viuzze del borgo raggiungeremo la chiesa Isodia che è la Cattedrale di Bova situata in posizione eminente rispetto al centro urbano, in diretto contatto con la punta rocciosa dell’antico castello.
Da qui proseguiremo per i campi di Bova ricchi di ciliegi e avvolti da una ricca e folta vegetazione.
Pranzeremo in un accogliente e tipico agriturismo per degustare i piatti grecanici per eccellenza: maccheroni, carne di capra, musulupa e lestopitta. Il tutto generosamente innaffiato dall’ottimo vino rosso grecanico e cadenzato dal ritmo della tarantella.
Dopo pranzo, percorreremo un giro mozzafiato tra le cime maestose dell’Aspromonte, per affacciarci dagli strapiombi delle cosiddette Caldaie del latte (caratteristiche forme di roccia erosa), e per vivere dal vivo le affascinanti leggende della cosiddetta Rokka du traku (Rocca del drago) che per secoli hanno influenzato le credenze popolari.
Da qui proseguiremo per Pentidattilo, dove le meraviglie continueranno a stupire per il fascino di una storia d’amore lì consumata e rimasta bloccata dalla ciclopica mano rocciosa che dà la forma al Monte Calvario.
Una bella istantanea di Pentedattilo
Pentidattilo sorge a circa 250 metri s.l.m. Le caratteristiche morfologiche della roccia, sulla quale si addossa il borgo di Pentidattilo ricordano, infatti, le dita di una enorme mano posta tra la fiumara di Annà e quella di S.Elia. Il nome Pentidattilo deriva infatti da: penta più daktylos ce significa appunto cinque dita.
Il centro abitato si è spostato più a sud, lungo la falda del monte Calvario, lasciando così abbandonato il vecchio sito che è caratterizzato dalla sua chiesetta dedicata ai SS. Apostoli Pietro e Paolo e dai resti dell’imponente maniero degli Alberti che, nella notte di Pasqua del 1686, fu il palcoscenico di una sanguinosa tragedia.
Ancora oggi questi elementi avvolgono il luogo di un fitto alone di mistero e di romanticismo che il silenzio e l’incredibile panorama sull’Etna, strategicamente posizionato di fronte al faro lampeggiante di Catania che si apre al di sotto e di fronte la chiesa, rendono questo luogo unico e inimitabile.
Di Pentidattilo o Pentedattilo si hanno notizie sin dalla metà del VII secolo a.C.
Il borgo fu fondato dai Calcidesi, e da quel periodo divenne un centro alquanto fiorente fino al periodo romano, per poi subire un periodo di decadenza a causa delle continue incursioni saracene.
Intorno al 1336 il castello di Pentidattilo fu occupato da soldati di fanteria all’epoca molto temuti, gli almogàveri, una sorta d’avanguardia dell’esercito spagnolo.
Pentidattilo fu poi promossa a baronia sotto l’amministrazione normanna del re Ruggero d’Altavilla, con la reggenza degli Abenavoli che amministrarono anche i territori di Capo d’Armi, Condofuri, Montebello.
Oggi della grande mano di Pentidattilo, purtroppo, restano solo alcune tracce.
Il terremoto nel 1783 ha parzialmente distrutto la roccia, lasciando visibili solo alcune dita. Nonostante ciò il borgo conserva sempre la sua immagine suggestiva. Il suo mistero è accentuato, ora più che mai, anche dal completo abbandono dovuto all’isolamento urbano per via delle impervie strade di comunicazioni e ai dissesti idrogeologici.
Il piccolo borgo era raggiungibile esclusivamente a cavallo; solo dopo il 1950 si cominciò a costruire la prima rete stradale che lo hanno avvicinato alla costa.
Tra agosto e Settembre Pentidattilo ospita il“Pentidattilo Film Festival“, il Festival Internazionale di Cortometraggi, che, come il Paleariza, rientra nelle attività di recupero e di promozione culturale di questi luoghi.
Costo
€ 30 (minimo 15 persone)
La tariffa comprende:
– visita guidata.
– pranzo in agriturismo tipicamente grecanico
- Informazione ed Iscrizioni
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